IO NON VIAGGIO DA SOLA

Sono Laura, e vi regalo un pezzetto di me.

Spesso mi capita, quando racconto cosa farò da grande, che mi chiedano “E come ti è venuto in mente di diventare counsellor professionista?” (di solito con tono curioso, non provocatorio).

Mi fermo un attimo a pensarci, perché ormai mi viene naturale essere counsellor, ma questo non significa che le cose vengano da sé. D’istinto la mia risposta è perché non viaggio mai da sola.  Il senso ultimo del Viaggio per me è  l’incontro con l’Altro. Che sia come guida a un gruppo, compagna di cammini o ospite di sconosciuti che non parlino inglese. Se no, tanto vale restare a casa.

Tutto è partito da qui, dunque. Dal mio essere una viaggiatrice esteta, curiosa della diversità  umana come ricchezza; sicuramente aver anche vissuto in contesti molto lontani mi ha aperto gli occhi alla Proust,  nonostante io porti gli occhiali alla John Lennon. Esplorare ciò che non mi assomiglia mi ha dato lenti nuove per specchiarmi sul mondo. 

Imagine all the people. Ho intuito che:

  • il mio è solo uno degli infiniti sguardi possibili;
  • non posso capire tutto ciò che non conosco;
  • il punto è accettare e riconoscere queste diversità.

Non è facile, certo, spesso ci arrabbiamo proprio con chi non appare simile a noi. Quando succede, forse è giunta l’ora di rimettersi in marcia, rispetto a sé stessi.

Ricordo bene di aver detto si alla Scuola di Counselling Professionale Adler in un momento cruciale della mia vita: al ritorno da un anno sabbatico in Thailandia, dove molte persone avrebbero scommesso ci rimanessi. A praticare yoga e massaggi. Anzi, ci avevano messo la mano sul fuoco. Avete presente quelle pause piuttosto lunghe che ci prendiamo con noi stessi per mettere in discussione tuttotuttissimo, dal posto fisso, alle proprie radici e a ciò che sta stretto? Ecco, io me la concessi alla soglia dei  miei 29. Ci stava. 

E se me ne andassi via…. per un po’?!“, dicevo, “poi  si vedrà”. 

Tempo dopo, avrei riformulato quel mio procrastinare in un “Inshallah”, appreso dai coetanei in Asia. Talvolta uso ancora questa espressione, quasi a voler dare qualche responsabilità a entità soprannaturali o  esterne. In fondo però si sa che la libertà è individuale, e accollarsi i rischi delle proprie scelte è roba da adulti.  Tocca diventarlo, prima o poi, no?

Fare la disoccupata per 365 giorni è stata una “figata”, ma senza “lavorare” è più difficile adattarsi a un contesto, soprattutto se nuovo. Ho giocato a fare a meno di un ruolo sociale, ma allo stesso tempo, per negazione, ho capito perché attivarsi professionalmente, immergendosi nel sociale, sia un compito vitale: dà regole e strutture, permette nuove progettazioni individuali e riordina pezzi irrisolti del passato.

La pacchia finisce sempre presto. Ça va sans dire.

Rientrata alla solita routine e alle cose piacevoli e fastidiose della  nostra cultura, dopo mesi di autostop e avventure in terre esotiche, riavvertii il bisogno di intraprendere un viaggio diverso, più incisivo. Di fare sul serio. Quello sabbatico mi era servito solo in parte. Dovevo sperimentarne un altro, da ferma, restando -come dire- radicata, e rendendo autentico il significato di  passione che mi coinvolge ogni volta che incigno una mappa geografica nuova. Dopo un’esperienza forte, del resto, per sentirsi vivi ce ne vuole una esagerata. Giusto. Soprattutto per chi non si accontenta mai come me. Per chi è nato per imparare dalle vite degli altri, senza necessariamente rifarsi lo zaino ogni giorno. Ero così anche da piccola, quando per noia mi avvicinavo ad altri bambini per chiedere di giocare assieme. Non sempre risultavo simpatica. Audace si, dai!

Sicuramente aver imparato in tenera età a decifrare uno spartito di pianoforte, e a tradurlo in musica sulla tastiera, ha allargato le mie prospettive comunicative: le mani sui tasti neri e bianchi  leggono in contemporanea due lingue diverse: se la destra “parla” in chiave di do, la sinistra ascolta in fa, e viceversa. Sono presenti una all’altra, e insieme dialogano. La relazione che si costruisce tra voci e note così differenti, come nelle complesse improvvisazioni jazz, mi porta a contemplare la bellezza dell’insieme. Delle cose che si possono fare con gli altri e per gli altri.

La mia idea di ascoltare chi si senta in difficoltà, e di diventare counsellor professionista in un progetto a tre come Tandem, ha un imprinting fatto di esperienze  a contatto con altre culture. Coesistere prima, e convivere poi, con persone di svariate “sfumature” è stata la mia vera palestra. Insomma, lo scambio continuo, non senza contraddizioni e contrasti, con chi incontravo e mi faceva sentire “a casa” on the road. Lo dice una che è cresciuta arroccandosi sull’indipendenza come valore primario.

Per abbracciare la vera libertà, però dovevo cambiare stile. “Cambia idea ogni tanto se no la testa sa di chiuso!”( non poteva mancare nel Manifesto di Tandem 😉

E così ho recitato un nuovo mantra: diventare interdipendente.  Certo, saper pedalare da soli serve (hai voluto la bicicletta…), ma nel tempo si prende consapevolezza che il bene fondamentale è  saper  stare al mondo con gli altri e, se possibile, prendersene cura. L’amore, anche nel proprio mestiere, è questo: dare, più che prendere. 

E voilà. Chi cerca trova. A me è capitato tornando a scuola. Scegliendo il Counselling Professionale a orientamento adleriano, che va d’accordo con questo mio sentimento sociale. 

E qui ho trovato anche due amiche, anzi tesori, le mie future “compagne” di Tandem, Daniela e Simona. E’ stata empatia a prima vista, e con loro sono stata partecipe di un percorso necessario per conoscermi davvero, e scoprire anche cosa  fare da grande.

Il viaggio interiore è irreversibile e unico. Ma “la felicità è reale solo quando è condivisa”. 

Un applauso al film Into the wild, che mi ha segnata e a Lev Tolstoj, cui mi sono  ispirata per  la  citazione finale. 

Se volete lasciare un commento, saremo felici di “ascoltarvi”.

A presto!

SEGUICI ANCHE SU FACEBOOK:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*